Attorno a questo Fungo, molte leggende si sono sviluppate proprio per la sua caratteristica di frutto non comune e dal profumo intenso e particolare.
Già i Romani lo conoscevano e lo apprezzavano attribuendogli anche poteri magici.
Gli Egizi ancora prima dei Romani, lo consideravano grande prelibatezza.
Oggi, il tartufo rientra tra i prodotti più voluttuari che si conoscono.
Il prezzo elevato dovuto alla scarsa disponibilità sul mercato lo rende pregiato nella gastronomia ricercata ed apprezzato dai palati più esigenti.
La difficile coltivazione, di conseguenza la sua diffusione quasi esclusivamente spontanea, ha reso necessaria una regolamentazione per la raccolta.
Per evitare ,infatti, la perdita di un prodotto così prezioso è necessario che la raccolta sia limitata a coloro i quali ne conoscono le caratteristiche e che rispettino l’ambiente in cui esso trova il suo habitat naturale.
Che cos’è
Il nome di “Tartufo” è attribuito ad alcuni funghi che fruttificano sottoterra (ipogei) della classe degli Ascomiceti, che vivono in simbiosi micorrizica con determinati piante superiori e con lo stesso nome viene indicato il loro corpo fruttifero, simile a un tubero, di forma più o meno rotonda, ma talvolta anche irregolare con protuberanze e cavità, a seconda della specie e del terreno in cui si è formato.
La simbiosi è un rapporto mutualistico (scambio) fra il fungo e la pianta superiore e riguarda espressamente il tartufo. Essendo un rapporto mutualistico entrambi i soggetti traggono profitto dallo scambio, anche se a trarne maggior vantaggio risulta essere il tartufo che, infatti, senza la pianta superiore non potrebbe vivere. Con la simbiosi la pianta cede attraverso l’apparato radicale le sostanze nutritive elaborate ottenute con la fotosintesi delle foglie; il fungo, da parte sua, contribuisce a creare un equilibrio naturale del bosco ottimizzando le condizioni vegetative. L’esaltazione della condizione vegetativa si ottiene in quanto il tartufo aumenta la superfice assorbente della pianta, assume gli elaborati delle radici riducendo la possibilità di attacchi parassitari, favorisce l’assunzione di alcuni elementi contenuti nel terreno.
La parte mangereccia del tartufo si chiama carpoforo ed è il frutto del tartufo stesso, a maturazione emette le spore (semi) che germinando formano un groviglio detto micelio primario costituito dalle ife che vanno ad invadere le radici della pianta ospite cioè di quella con la quale instaurano la simbiosi. Questo complesso di radici+ife+micoclena (cappuccio che avvolge le radici) si dice micorriza.
Le ife sono dei filamenti costituiti da cellule che rappresentano la parte vegetativa del fungo e che formano con le radici della pianta ospite la simbiosi. Le ife non penetrano mai all’interno delle cellule, ma le avvolgono all’esterno formando le cosidette ectomicorrize.
Il sistema di riproduzione avviene come nei funghi epigei:
La parte vegetativa (la pianta) del tartufo è costituita dal micelio, quindi, quando si raccoglie il corpo fruttifero (tartufo) è importante non danneggiare la parte del fungo che si trova interrata e che rappresenta la continuità della vita per il tartufo e cioè il micelio stesso (invisibile a occhio nudo). Da qui l’importanza di scavare solamente dove il cane indica e di ricoprire perfettamente la buca con lo stesso materiale, evitando infiltrazioni di corpi estranei.